Parental control: la tutela del minore tra diritto alla personalità e la responsabilità genitoriale.

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Oggigiorno i genitori nell’educare i figli si pongono il problema dell’uso delle nuove tecnologie da parte dei minori soprattutto nell’utilizzo di internet e dei social network.

La tutela del minore: l’esigenza del parental control

Attualmente la tutela del minore si manifesta attraverso: un controllo educativo dei genitori nei confronti dei figli ed un controllo tecnologico cd. parentale che i genitori possono predefinire su tutti i sistemi operativi dei dispositivi informatici di utilizzo del minore.
Seppure ci troviamo di fronte ad una generazione di nativi digitali, tanto che spesso i più piccoli sanno utilizzare i dispositivi elettronici meglio degli adulti, anche nelle primissime fasi della crescita, si riconosce che l’uso della tecnologia da parte di un minorenne può essere pericoloso, soprattutto se è omesso un controllo da parte dei genitori.
Sicuramente comunicare con i figli, aiutandoli a capire cosa può accadere utilizzando il web in modo distorto, dando loro limiti ed informazioni chiare, è il modo migliore per prevenire ogni rischio.

Il parental control e i rischi online

Spesso, però, una prevenzione comunicativa non può bastare a difendere i più piccoli dalle insidie del web, e quindi i genitori scelgono di ricorrere ad un controllo digitale per monitorare il comportamento online dei propri figli limitandone l’accesso.
Il parental control è il sistema che permette ad un genitore di monitorare o bloccare al minore l’accesso a determinate attività informatiche, che possono per lui essere pericolose, ed anche di impostare il tempo di utilizzo del dispositivo informatico.
Il parental control può essere applicato su qualsiasi dispositivo, su tutti i sistemi operativi più comuni, quali Windows, Apple e Linux, sulle linee telefoniche (Telecom e Vodafone), sui videogiochi (Nintendo e Wii) fino ai motori di ricerca (Google, Safe, Search).
Il controllo si ritiene necessario laddove si pensa in astratto, infatti, nessun genitore lascerebbe il figlio minore vagare in giro da solo; né lo lascerebbe da solo con sostanze che creano dipendenza.
Tutto ciò ha una rilevanza anche dal punto di vista giuridico. Si precisa, che attualmente, non esiste una specifica previsione normativa, né precedenti giurisprudenziali che possano regolare tali tematiche.
Si ritiene che l’obbligo di controllare l’accesso ad internet nei tempi e nei contenuti deve rientrare nel concetto della responsabilità genitoriale. Tale obbligo di vigilanza dei genitori nei confronti dei figli in tema dell’uso delle nuove tecnologie, in particolare di internet non può che desumersi dalla lettura in combinato disposto delle norme (artt. 147, 316 e 2048 c.c.) e dagli orientamenti giurisprudenziali in tema di dovere di vigilanza dei figli minori a carico dei genitori.
È ormai consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il genitore per andare esente dalla responsabilità civile per non aver adempiuto all’obbligo di vigilanza del figlio minore, ex art. 2048 c.c., dovrà dimostrare sia di di avere impartito una corretta educazione al figlio, ma anche di averlo adeguatamente sorvegliato. Dunque, non è sufficiente dimostrare di avere impartito messaggi educativi, ma anche la verifica sulla avvenuta assimilazione da parte dei figli dei valori trasmessi. Addirittura, si potrebbe ritenere che, sarebbe opportuno imporre ai genitori l’uso di filtri parentali che possano arginare i pericoli connessi alla libera circolazione dei minori su internet, nel rispetto dell’obbligo di vigilanza ex art. 2048 c.c.
Sul punto, si cita un importante precedente giurisprudenziale del Tribunale di Teramo che, con sentenza del 16/01/2012, ha ribadito la necessità di un’attività di monitoraggio da parte dei genitori sui figli, e più precisamente ha sancito che: “i genitori dei minori naturalmente capaci di intendere e di volere, per andare esenti dalla responsabilità ex art. 2048 c.c., devono positivamente dimostrare di aver adempiuto all’onere educativo tramite l’indicazione alla prole di regole, conoscenze e moduli di comportamento nonché di fornire gli strumenti indispensabili alla costruzione di relazioni umane effettivamente significative per la migliore realizzazione della loro personalità, ma anche di avere poi effettivamente e concretamente controllato che i figli abbiano assimilato l’educazione loro impartita, con la conseguenza che la gravità e la reiterazione delle condotte poste in essere possono essere poi indice del grado di attuazione di una tale opera di verifica. Ai fini dell’esonero della loro responsabilità, dunque, i genitori devono in sostanza fornire la prova liberatoria di non aver potuto impedire il fatto, il che, nel caso di illecito commesso attraverso social network si concretizza in una limitazione per forza di cose quantitativa e qualitativa dell’accesso”.

Il parental control limita la privacy?

Contestualmente ci si chiede se sia legittimo per un genitore controllare il figlio minore nell’utilizzo di internet operando una stabile intromissione nella sua privacy.
I genitori, infatti, hanno l’obbligo della responsabilità genitoriale ma anche del rispetto della personalità del minore e delle libertà a questi riconosciute, sia a livello costituzionale che internazionale. In tal senso, l’art. 16 della Convenzione di New York del 1989, tutela la riservatezza del minore; la stessa Convenzione all’art. 17 riconosce l’importanza della funzione esercitata dai mass-media e gli Stati “vigilano affinché il fanciullo possa accedere ad una informazione ed a materiali provenienti da fonti nazionali ed internazionali varie, soprattutto se finalizzati a promuovere il suo benessere sociale, spirituale e morale nonché la sua salute fisica e mentale”.
Ne consegue che la vigilanza dei genitori sui minori online si può trasformare in un cyber-stalking.
In definitiva, si ritiene legittimo un potere di controllo sul proprio figlio inteso come diritto di monitorare l’utilizzo delle tecnologie da parte del minore, ma con una misura ragionevole proporzionalmente anche all’età dello stesso.
Livia Aulino

Vedi: Il consenso digitale dei minori su Facebook

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