Il diritto d’autore ed Internet. L’evoluzione normativa in Ue ed in Italia

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La tutela del diritto d’autore e dei diritti connessi online, in Unione europea, è da molti anni (e ancora per poco) affidata alla direttiva 2001/29/CE.

Tale corpus normativo si ispira ai due trattati WIPO [1] di Ginevra del 1996, il Copyright Treaty ed il Perfomances ad Phonograms Treaty, che hanno segnato una svolta a livello mondiale a favore del riconoscimento e della tutela del diritto d’autore e dei diritti connessi di riproduzione, comunicazione al pubblico, distribuzione e noleggio.

Al fine di scongiurare incertezza ed incoerenza giuridico-normativa, nonché di evitare restrizioni alla libera circolazione di opere, servizi e prodotti all’interno del mercato unico europeo, all’inizio del nuovo millennio si è resa necessaria l’armonizzazione delle legislazioni dei Paesi membri dell’Unione europea.

L’obiettivo della direttiva 2001/29/CE è stato, dunque, quello di garantire un giusto equilibrio tra gli interessi dei titolari di diritti esclusivi sulle opere, da una parte, e degli utenti del Web 2.0, dall’altra, grazie alla promozione di un elevato livello di protezione della proprietà intellettuale di autori, interpreti, esecutori, produttori e consumatori, nonché lo sviluppo di creatività e protezione a vantaggio della cultura, dell’industria e degli investimenti.

Tali ambiziosi obiettivi non sono stati facilmente perseguibili.

Infatti, i rapidi progressi tecnologici già in atto all’entrata in vigore della direttiva hanno trasformato e potenziato le modalità di comunicazione e di interazione tra persone, fisiche e giuridiche. Internet e i sistemi di trasmissione digitale, gli smartphone e le app, hanno avuto un impatto rivoluzionario ed hanno contribuito alla nascita di quella che è comunemente chiamata “società dell’informazione” in cui dati ed informazioni sono scambiate da un capo all’altro del globo ad altissima velocità.

Ciò ha creato nuove opportunità di conoscenza e di comunicazione ma ha anche generato nuove sfide per il diritto rendendo necessaria, da parte dei giuristi, un’intensa attività interpretativa delle disposizioni della direttiva 2001/29/CE al fine di perseguire gli obiettivi del legislatore europeo, in un contesto mutevole ed in continua evoluzione.

In Italia la direttiva 2001/29/CE e la direttiva 2001/31/CE[2], sono state recepite con i decreti legislativi nn. 68 e 70 del 2003.

Tali decreti hanno favorito la modifica delle disposizioni già vigenti[3] e l’emanazione di nuove relative alla tutela della proprietà intellettuale in Internet ed in ambito radiotelevisivo[4].

Inoltre, con delibera n. 680/13/CONS del 12 dicembre 2013, l’Agcom[5] in qualità di autorità amministrativa di vigilanza, ha adottato il “Regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica” (in vigore dal 31 marzo 2014) con l’obiettivo di garantire una maggiore ed efficace tutela delle «opere digitali» nonché di favorire la loro circolazione in Internet.

Dunque, in alternativa ad un’azione civile, è stata messa a disposizione dei titolari di opere digitali la facoltà di avviare un procedimento amministrativo mediante un’istanza tesa all’emanazione di un provvedimento dell’Autorità rivolto agli ISP (Internet Service Providers) per impedire o porre fine alle violazioni del diritto d’autore commesse in rete una volta che gli stessi ISP fossero stati resi edotti di contenuti trasportati o diffusi illecitamente.

È in tale contesto che, a distanza di quasi vent’anni e dopo tre anni di duri confronti tra contrapposte fazioni, il Parlamento Ue ha approvato la nuova direttiva n. 2016/280 sul copyright, con cui si tenterà di rafforzare la posizione dei titolari dei diritti di proprietà intellettuale nel Web 2.0 facendo sì che i grandi aggregatori di notizie e profilatori di utenti, quando ospiteranno contenuti protetti da diritto d’autore dovranno rintracciare il titolare e stringere accordi “dinamici” nel tempo. Ciò al fine di assicurare una remunerazione all’autore/proprietario di un’opera e a responsabilizzare le piattaforme online e gli ISP sul rispetto dei diritti dei primi.

Mentre alcuni salutano il nuovo provvedimento con ottimismo altri sono più cauti in quanto, a parer loro, la direttiva, nella sostanza, trasforma i big di Internet in editori, stabilendo il principio secondo cui, prima di consentire ai loro utenti di pubblicare qualsiasi genere di contenuto, è necessaria una licenza.

Ciò potrebbe significare consegnare ai gestori delle piattaforme «User generated content» il potere di definire una propria linea editoriale, stabilendo per quali contenuti degli utenti vale la pena acquistare una licenza e per quali no, con il rischio che qualcun altro scelga per gli utenti cosa poter vedere e cosa no su Internet.

 Giulio Riccio

[1] World Intellectual Property Organization.

[2] Denominata «direttiva e-commerce».

[3] In particolare è stata aggiornata la L. 633/1941 sul diritto d’autore.

[4] Testo unico dei servizi di media audiovisivi n. 177/2005, come modificato dal decreto legislativo n. 44/2010.

[5] Autorità Garante per le Comunicazioni.

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