Revenge porn: Facebook e Garante Privacy istituiscono un canale di emergenza per le potenziali vittime

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Contro il fenomeno della diffusione illecita e non consensuale di immagini e video a contenuto pornografico o sessualmente esplicito (cd. Revenge Porn), Facebook ha predisposto un canale d’emergenza capace di aiutare le potenziali vittime a prevenirne la pubblicazione.

 

Tale canale, già realizzato in via sperimentale nel 2017 dal social network in collaborazione con l’agenzia governativa Australiana per l’E-Safety, The eSafety Commissioner, è stato via via esteso anche in altri paesi, tramite collaborazioni instaurate con le organizzazioni no profit delle nazioni aderenti (Centre for Social Research in India, Cyber Civil Rights Initiative in America, Digital Rights Foundation in Pakistan), e consente in via preventiva,  mediante la creazione di una firma digitale unica tramite una funzione di “hash”, di bloccare la pubblicazione di immagini e video non ancora resi noti.

 

In Italia, già da un anno, tramite l’associazione-partner no profit Permesso Negato, le potenziali vittime hanno la possibilità di partecipare al “programma pilota sulle immagini condivise senza autorizzazione” predisposto dal social network.

 

Dall’8 marzo di quest’anno, Facebook ha inoltre esteso l’accesso al programma grazie alla collaborazione instaurata col Garante per la protezione dei dati personali che, in occasione della giornata internazionale della donna, ha annunciato la possibilità per tutte le persone maggiorenni che temono la pubblicazione di immagini o video intimi di accedere al canale d’emergenza e dare avvio alla segnalazione direttamente dalla pagina https://www.garanteprivacy.it/temi/revengeporn, scaricando l’apposito modello di segnalazione ed inviandolo all’indirizzo mail indicato.

 

Come avviare nello specifico la segnalazione?

 

In Italia, la potenziale vittima avrà la possibilità di segnalare la minaccia contattando una delle organizzazioni partner – dunque il Garante Privacy o l’organizzazione no-profit “Permesso Negato”.

 

Queste ultime dapprima spiegheranno alla potenziale vittima la normativa di Facebook in materia di diffusione non consensuale di immagini e video, e poi, laddove le immagini o i video temuti effettivamente non soddisfino i criteri dettati dalla comunità, offriranno alla stessa la possibilità di partecipare al “programma pilota”.

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A seguito della richiesta di accesso al programma, il partner invierà una scheda di accettazione -nel caso specifico del GPDP la potenziale vittima avrà la possibilità di scaricare e compilare direttamente in autonomia il modello da inviare all’indirizzo mail del GPDP – a Facebook nella quale saranno indicati oltre al nome della potenziale vittima ed il link del suo profilo Facebook, un indirizzo email sicuro e protetto a cui il team di Facebook invierà un URL protetto dove l’utente potrà caricare l’immagine e/o il video. Successivamente, sempre da quell’indirizzo mail, la potenziale vittima potrà ricevere aggiornamenti sullo stato della segnalazione oltre ad eventuali informazioni aggiuntive.

 

Dunque, un volta inviata la scheda o il modello l’utente riceverà una e-mail all’indirizzo fornito dal team di Facebook con un link monouso per il caricamento e, successivamente al caricamento, la richiesta sarà valutata da un team dedicato della Community Operations di Facebook.

Il team, debitamente formato per affrontare problemi relativi alla sicurezza, in 48 ore creerà una firma digitale unica o “hash”, composta da valori numerici corrispondenti al contenuto dell’immagine o il video inoltrato.

Una volta creata, la firma sarà confrontata con quella di altri video e immagini diffusi sulle piattaforme Facebook ed Instagram e, laddove si trovi corrispondenza tra la firma ed il contenuto pubblicato la community provvederà all’immediato blocco della diffusione.

L’immagine o il video condiviso dalla potenziale vittima sarà poi nel termine massimo di 7 giorni dalla condivisione automaticamente cancellato pur restando sempre attiva la firma digitale.

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Quindi, pur essendo il programma sviluppato da Facebook in collaborazione con partner pubblici (autorità governative) e privati (organizzazioni no profit), gli unici ad avere accesso all’immagine o al video condiviso dalla potenziale vittima saranno gli appartenenti al team della Community Operations del social network.

 

Ovviamente, ove l’immagine o il video sia già stato diffuso, la vittima avrà sempre la possibilità di inviare una segnalazione ai due social network che, mediante la medesima tecnologia di corrispondenza con firma digitale unica eliminerà l’immagine o il video già pubblicato e ne preverrà l’ulteriore diffusione.

Inoltre, Facebook tramite intelligenza artificiale, già dà tempo è in grado di rilevare, in modo proattivo le immagini o i video che non rispettano gli standard della community.

 

La pornografia non consensuale è un fenomeno in costante crescita. Analizzando i report pubblicati dall’organizzazione no-profit “Permesso Negato”, emerge chiaramente la gravità della situazione: a febbraio 2020 i gruppi Telegram nei quali 1.147.083 utenti diffondevano immagini non consensuali erano 17, a maggio 2020 vi erano 29 gruppi/canali per un totale di 2.223.336 utenti, a novembre dello stesso anno vi erano 89 gruppi/canali per 6.013.688 utenti.

Da rimarcare sono soprattutto i risvolti psicologici: uno studio dell’American Psicological Association del 2019, ha infatti dimostrato che circa il 51% delle vittime contempla come soluzione al problema la possibilità del suicidio.

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Alla luce di quanto emerso sin d’ora, non può essere negata l’esigenza di estendere l’adozione tali strumenti di pronto intervento preventivo anche su altre piattaforme.

 

Livia Smoraldi

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