Il diritto del minore alla riservatezza online dei suoi dati

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Nell’attuale contesto sociale in cui la tecnologia corre più veloce del diritto, l’evoluzione normativa si è sforzata di riconoscere un’effettiva applicazione del concetto di “diritto alla riservatezza del minore”, soprattutto alla luce dei numerosi diritti – doveri a carico dei genitori, derivanti dal concetto di “responsabilità genitoriale”. Tutto ciò è emerso in un contesto sempre più mutevole in cui si è passati dal concetto di privacy intesa come diritto di essere lasciati soli ad una privacy intesa come diritto alla protezione dei propri dati personali.

Privacy minori online: il diritto internazionale

In tal senso si pone anche il diritto internazionale, che, all’art. 16 della Convenzione di New York sancisce che nessun minore può essere oggetto di interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata, nella famiglia, nel domicilio e corrispondenza, e per tali profili egli ha diritto alla protezione della legge. Così, anche l’art. 8 delle Regole di Pechino sancisce che il diritto del giovane alla vita privata deve essere rispettato a tutti i livelli.

Proprio nel tentativo di proteggere i dati personali dei minori nella fase di raccolta e di trattamento, l’Unione Europea ha deciso di regolare, per la prima volta, il consenso digitale del minore all’utilizzo dei servizi online.

Il nuovo Regolamento UE n. 679/2016, infatti, in tema di offerta di servizi web per i minori, sancisce che il consenso sia lecitamente prestato stesso dal minore ove questi abbia compiuto sedici anni. Al di sotto di tale limite anagrafico il consenso dovrà essere concesso da coloro che esercitano sul minore la responsabilità genitoriale ovvero dal tutore.

Ne consegue il problema laddove sia solo uno dei genitori, che esercita la responsabilità genitoriale, a prestare il consenso del trattamento dei dati del minore.

In un’epoca in cui le tecnologie hanno invaso la vita quotidiana, può, infatti, accadere che un genitore voglia stigmatizzare i ricordi, e condividerli istantaneamente con parenti ed amici, ed il mezzo più veloce sia la condivisione sui social network.

Ma attenzione! Questo gesto, apparentemente innocente, può costare caro a mamma e papà. Sempre più spesso, infatti, i giudici condannano il genitore, che non abbia ricevuto il consenso dall’altro a pubblicare le immagini del figlio minorenne, a rimuoverle dal web.

 

Privacy minori online: la giurisprudenza italiana

Ma vi è di più! Il Tribunale di Roma, con una recentissima sentenza del 23.12.2017, ha condannato una madre ad eliminare dalla rete tutte le immagini relative al figlio di sedici anni, e ha disposto, laddove non avesse rispettato la sentenza, il pagamento della sanzione di euro 10.000,00 da corrispondere al figlio minore.

È la prima volta che con un provvedimento viene stabilita sia la rimozione del materiale fotografico sia la sanzione per il genitore che lo ha pubblicato, ed il Tribunale motiva tale decisione facendo ricorso alla tutela ex art. 96 della legge sul diritto d’autore (L. n. 633/1941), secondo cui il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto, o messo in commercio senza il suo consenso, salvo alcune eccezioni; nonché all’art. 16 della  Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989, che rafforza la tutela dei minori.

Così l’Italia si inserisce sul solco già segnato in altri Paesi, come la Francia, ove le sanzioni per la violazione della privacy da parte dei genitori nei confronti dei figli sono molto più severe, ed arrivano a 45.000 euro oltre alla reclusione fino a un anno.

A confermare quest’orientamento giurisprudenziale vi è anche il Tribunale di Mantova che, con la sentenza del 19.09.2017, ha sancito che non si possono pubblicare sui social network le foto dei propri figli minorenni se l’altro genitore non è d’accordo, e le foto che sono già in rete vanno immediatamente rimosse; il provvedimento ha, altresì, precisato che la condivisione del materiale fotografico del minore, senza il consenso, integra un comportamento potenzialmente pregiudizievole in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone che possono essere malintenzionate ed avvicinarsi ai minori, non potendo, inoltre, trascurare il pericolo che qualcuno ne tragga materiale pedopornografico da far circolare tra gli interessati; tutto ciò, inoltre, secondo il Tribunale implicherebbe la violazione dell’art. 10 c.c., nonché dell’art. 8 Reg. UE n. 2016/679, e degli artt. 1 e 16, 1° co., della Convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo (ratificata con L. n. 176/1991).

È evidente che le decisioni in esame coincidano con il principio dell’interesse superiore del minore che deve essere considerato preminente, così come tutelato dalle norme di diritto nazionale ed internazionale e la conseguenza che nessun minore può subire intromissioni arbitrarie o illegali che ledano la sua vita privata, la sua famiglia, la sua casa, il suo onore o la sua reputazione (v. la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata con L. n. 176/1991, la CEDU, e da ultimo il Garante per la Privacy ha precisato che la tutela del minore raffigurato in un’immagine deve essere rispettata, non solo nei casi di un suo coinvolgimento in fatti di cronaca nera, ma in qualunque ambito della vita quotidiana e ciò vale anche per i genitori).

Livia Aulino

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