I sistemi di videosorveglianza nei condomini

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Le installazioni di videosorveglianza sono lecite laddove siano proporzionate agli scopi che intendono perseguire e laddove altre misure siano insufficienti ovvero inattuabili. Ciò comporta che gli interessati devono sempre essere informati se un’area sia sottoposta a videosorveglianza.

Ne consegue che la raccolta e l’uso delle immagini sono consentiti solo se fondati su presupposti di liceità quindi per soggetti pubblici, quando siano necessari allo svolgimento di funzioni istituzionali, e per i privati, quando siano necessari per adempiere ad obblighi di legge o effettuati per tutelare un legittimo interesse. In ogni caso, l’eventuale conservazione delle immagini deve essere limitata nel tempo.

La videosorveglianza all’interno degli edifici condominiali, in assenza di precise previsioni legislative, ha rappresentato per molto tempo uno degli argomenti maggiormente dibattuti dalla giurisprudenza. Oggi tale dibattito è stato frenato dall’entrata in vigore del Regolamento UE n. 2016/679 che, in tema di installazione di telecamere all’interno di condomini, ha sancito la liceità della loro istallazione ogni volta che siano necessarie per motivi di sicurezza seri e giustificati.

A tal proposito la recente giurisprudenza ha ritenuto lecita l’istallazione di sistemi di videosorveglianza nei condomini salvo il consenso unanime dei condomini; sul punto, il Tribunale di Bergamo, con la sentenza n. 1074 del 9 maggio 2018, ha altresì precisato che laddove non vi sia l’unanimità del consenso, anche a 45 gradi una telecamera è illecita e va pertanto rimossa.

Il Tribunale di Napoli con la sentenza n. 4446 dell’8 maggio 2018 ha, altresì, precisato che le videocamere devono essere limitate agli spazi di pertinenza esclusiva del condomino, e quindi sono da escludere le aree comuni, come cortili, pianerottoli, scale e garage.

Il Tribunale di Catania, con la sentenza del 31 gennaio 2018 n. 466 ha sancito che è vietato riprendere le porte di ingresso dei vicini o le loro pertinenze, giardini inclusi, nonché è vietato installare la telecamera nella propria abitazione se può riprendere la finestra del bagno del vicino.

Addirittura le videocamere che inquadrano le porte di ingresso altrui potrebbero essere considerate illecite, anche se ad essere ripresi sono solo i piedi (Tribunale di Bergamo n.1074 del 9 maggio 2018). Oltre alla rimozione potrebbe subentrare anche il risarcimento del danno morale del vicino di casa che si considera leso; la medesima regola vale anche per i videocitofoni.

Eppure il recente Regolamento UE n. 2016/679 all’articolo 2 comma 1 lettera d), ha sancito che è legittimo il trattamento dei dati personali per uso domestico se è “necessario per la salvaguardia di interessi vitali dell’interessato o di un’altra persona”; ne consegue che i sistemi videosorveglianza si considerano leciti ove siano istallati per motivi di sicurezza, ed in tali circostanze non occorre il consenso altrui.

Sul punto, il Tribunale di Salerno, con l’ordinanza n. 8498 del 9 giugno 2017, ha ritenuto lecita l’installazione di una videocamera di un proprietario di una casa in campagna, che aveva già subito furti in passato; esse sono lecite anche se gestibili tramite una applicazione per smartphone, purché le immagini non siano divulgate.

Altre problematiche sono emerse in tema di istallazione di videocamere finte; sul punto il Tribunale di Latina con ordinanza del 17 settembre 2018, di fronte alla contestazione di mancata informazione, ha sostenuto che è proprio la natura deterrente della telecamera finta a far presupporre che chi la installi non ne dichiari la non inidoneità alla ripresa.

Livia Aulino

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