La videosorveglianza: normativa, privacy e tutela dei dati personali

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Di particolare importanza in questi ultimi tempi è divenuto il tema della videosorveglianza.  Con questo termine si intende quell’attività volta a vigilare, un luogo, o un bene, anche a distanza, tramite l’uso di telecamere o attraverso l’utilizzo di altri sistemi tali da  assicurare la trasmissione di immagini.

La capillare diffusione della videosorveglianza a partire dal XXI secolo e il suo crescente uso in ambito privato, nonché il suo incorporamento all’interno degli apparecchi di telefonia mobile, ha rivoluzionato campi come l’investigazione e la criminologia, facilitando le indagini da parte della magistratura e accelerandone i tempi, ma allo stesso tempo ha posto  dubbi notevoli  sugli  utilizzi impropri che possono violare la privacy delle persone.  Vari sono stati gli interventi del Garante privacy , come  il parere del  7 marzo 2017 e  in ultimo abbiamo le linee guida  3/2019 dell’European Data Protection Board emanate lo scorso 12 luglio,sul trattamento dei dati personali  sulla videosorveglianza.  Infatti la raccolta, la registrazione, la conservazione e, in generale, l´utilizzo di immagini configura un trattamento di dati personali (art. 4, comma 1, lett. b), del Codice).  Più precisamente è considerato dato personale, qualunque informazione relativa a persona fisica identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione. La videosorveglianza è utilizzata a fini molteplici, quali la  protezione e incolumità degli individui, la protezione della proprietà, la  rilevazione, prevenzione e controllo delle infrazioni svolti dai soggetti pubblici, nel quadro delle competenze ad essi attribuite dalla legge, l’ acquisizione di prove. La necessità di garantire, in particolare, un livello elevato di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali rispetto al trattamento dei dati personali consente la possibilità di utilizzare sistemi di videosorveglianza, purché ciò non determini un´ingerenza ingiustificata nei diritti e nelle libertà fondamentali degli interessati. Naturalmente, l´installazione di sistemi di rilevazione delle immagini deve avvenire nel rispetto, oltre che della disciplina in materia di protezione dei dati personali, anche delle altre disposizioni dell´ordinamento applicabili, quali le vigenti norme dell´ordinamento civile e penale in materia di interferenze illecite nella vita privata, sul controllo a distanza dei lavoratori, in materia di sicurezza presso stadi e impianti sportivi, o con riferimento a musei, biblioteche statali e archivi di Stato, in relazione ad impianti di ripresa sulle navi da passeggeri adibite a viaggi nazionali e, ancora, nell´ambito dei porti, delle stazioni ferroviarie, delle stazioni delle ferrovie metropolitane e nell´ambito delle linee di trasporto urbano. In tale quadro, pertanto, è necessario che vengano rispettati principi come il bilanciamento di interessi, il principio di necessità, principio di proporzionalità  e che le finalità  siano chiare, prestabilite e legittime .Gli interessati devono essere sempre informati che stanno per accedere in una zona video sorvegliata e a tal fine, il Garante ritiene che si possa utilizzare un modello semplificato di informativa “minima”,il quale  è ovviamente adattabile a varie circostanze. Invece, quando siamo  in presenza di più telecamere, in relazione alla vastità dell´area oggetto di rilevamento e alle modalità delle riprese, potranno essere installati più cartelli. Il supporto con l´informativa,deve essere collocato prima del raggio di azione della telecamera, anche nelle sue immediate vicinanze e non necessariamente a contatto con gli impianti e deve essere posizionata  al fine di essere chiaramente visibile in ogni condizione di illuminazione ambientale, anche in orario notturno. Quante volte capita di finire nell’occhio della telecamera senza essere stati preventivamente avvisati con una giusta cartellonistica visiva?  In tutti quei casi siamo dinanzi a un acquisizione di immagini trattate illecitamente, perché acquisite senza una reale volontà di essere inquadrati, in quanto ignari della ripresa, o comunque avvisati in ritardo, quando ormai siamo entrati nell’occhio della telecamera.

Altra domanda che dobbiamo porci a questo punto è per quanto tempo queste immagini acquisite,  si spera lecitamente, dovrebbero essere conservate?

Videosorveglianza: tempo di conservazione dei dati

La conservazione deve essere limitata a poche ore o, al massimo, alle ventiquattro ore successive alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione in relazione a festività o chiusura di uffici o esercizi, nonché nel caso in cui si deve aderire ad una specifica richiesta investigativa dell´autorità giudiziaria o di polizia giudiziaria. Solo in alcuni casi, per peculiari esigenze tecniche, come i mezzi di trasporto o per la particolare rischiosità dell´attività svolta dal titolare del trattamento, come ad  esempio, per alcuni luoghi come le banche  dove  può risultare giustificata l´esigenza di identificare gli autori di un sopralluogo nei giorni precedenti una rapina , può ritenersi ammesso un tempo più ampio di conservazione dei dati che,  non debba comunque superare la settimana. Per i comuni e nelle sole ipotesi in cui l´attività di videosorveglianza sia finalizzata alla tutela della sicurezza urbana, il termine massimo di durata della conservazione dei dati è limitato “ai sette giorni successivi alla rilevazione delle informazioni e delle immagini raccolte mediante l´uso di sistemi di videosorveglianza, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione”. In tutti i casi in cui si voglia procedere a un allungamento dei tempi di conservazione per un periodo superiore alla settimana, una richiesta in tal senso deve essere sottoposta ad una verifica preliminare del Garante .

Videosorveglianza: Parere Garante  del 7 marzo 2017

Un ultima osservazione  sul tema videosorveglianza l’ha fatta il  Garante della privacy che  ha chiarito con il parere n. drep/ac/113990 del 7 marzo 2017, che chiunque può montare un circuito di videosorveglianza, senza che ci sia il consenso da parte del condominio o della polizia, salvo delle condizioni necessarie da rispettare. Innanzitutto  se un privato decide di introdurre delle telecamere nella propria abitazione, deve accertarsi che la telecamera non sia rivolta a zone soggette a passaggio pubblico. Nel caso in cui, ad esempio, il sistema di videosorveglianza sia puntato sul pianerottolo di casa, non deve riprendere l’abitazione dei vicini o altre persone che entrano ed escono dalla porta di casa propria, invece se  il circuito di videosorveglianza viene installato all’esterno, sul muro di casa o del palazzo, non deve essere indirizzato sulla strada o su altri spazi pubblici. Se questo non dovesse essere possibile, si deve comunque impedire il riconoscimento delle persone  con un  raggio di ripresa, in questo caso, ridotto  alle sole scarpe e le stesse condizioni si applicano alle telecamere che hanno anche la funzione di registrazione.  Tali immagini riprese, inoltre, non devono essere diffuse a soggetti  terzi.

Il Garante con queste piccole indicazioni ha voluto  sottolineare quelle che possono risultare ad oggi accorgimenti semplici e chiari, per la  tutela della privacy delle persone. Ad oggi molti sono stati gli interventi della Guardia di Finanza, nucleo Privacy , con sanzioni  emanate dal Garante. Fondamentale in tal senso, più che la sanzione, risulta essere la formazione su tali tematiche, sia di chi opera in ambito pubblico, sia chi opera in ambito privato, in un’ottica futura, per  una maggiore privacy delle persone.

Francesco Lo Chiatto

 

 

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