Ray-Ban Stories e Facebook: una partnership innovativa per le imprese ma rischiosa per le persone comuni

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Negli scorsi giorni le società Facebook e Ray-Ban, quest’ultima parte di Luxottica Group S.p.A, hanno presentato degli innovativi occhiali, caratterizzati dalla presenza nella montatura di dispositivi audio e video.

Infatti, da un lato possono permettere all’utente di parlare al telefono e di ascoltare la musica grazie a un impianto che dovrebbe essere a conduzione ossea (sul sito si parla di tecnologia open ear ma non è chiarissimo questo punto) – quindi tale da non estraniare rispetto al sonoro dell’ambiente circostante, una scelta effettivamente corretta alla luce dello scopo perseguito e delle modalità di utilizzo del device – e, dall’altro lato, consentono di scattare foto e girare brevi video.

Quindi, non sono occhiali a realtà aumentata, benché costituiscano un passo in avanti in tal senso, proprio per abituare gradualmente il pubblico all’idea di usare occhiali che facciano “altro” (oltre a proteggere dalla luce solare o a mettere a fuoco ciò che si vede).

Infatti, si collocano nella scia dei Google Glass (l’ultima versione è stata lanciata sul mercato nel 2019), dei Microsoft HoloLens e dei vari smart glasses a realtà aumentata, ma traggono insegnamento dalla loro esperienza ed evitano di essere troppo avveniristici per i gusti del grande pubblico oppure caratterizzati da features e caratteristiche progettuali inadeguate per un uso giornaliero (immaginate, per esempio, di andare in giro con gli HoloLens della Microsoft, caratterizzati da dimensioni abnormi per un utente medio).

Pertanto, si “limitano” a riprodurre musica, consentire telefonate e produrre video e foto, il tutto anche senza l’uso delle mani e a mezzo dell’assistente vocale. Mica poco.

E, invero, l’ultima funzionalità tra quelle elencate è quella più problematica di tutte, ciò in quanto potenzialmente lesiva della privacy dei soggetti che vengono ripresi, nonostante possa apparire interessante per molti.

La particolarità della fotocamera dei nuovi occhiali Ray-Ban sta nel fatto che è composta da una doppia fotocamera, caratterizzata dalla possibilità di fondere le immagini prese dalle due lenti in una singola foto, dotata dell’effetto stereoscopico della visione umana.

Adesso, si consideri la vista di un essere umano, contando solo il campo visivo centrale, è pari pressappoco a quello di un obiettivo fotografico da 35mm (su formato full frame), mentre la resa prospettica dell’occhio umano viene resa più efficacemente da un obiettivo da 50mm (sempre su formato full frame).

Ebbene, immaginate la possibilità di produrre foto che abbiano il campo visivo di minimo un 35mm e la resa prospettica di un 50mm!

Le due lenti di eccellenza per la street photography riunite in una sola ottica, peraltro utilizzabile mediante comandi vocali, senza dover neppure adoperare una macchina fotografica.

Sembra il sogno per un fotografo di strada, come pure di tanti normali utenti che cercano di dare un effetto più “tridimensionale” alle foto che scattano. Ma, a dir la verità, non lo è. È, forse, il peggior incubo proprio per i fotografi.

Questo perché la fotografia di strada non presuppone l’alienazione del fotografo rispetto ai soggetti e al contesto, non presuppone il suo passaggio come un fantasma, che non si fa scoprire come se fosse una spia del KGB.

Il fotografo di strada, invece, si intromette consapevolmente nella privacy delle persone, le approccia, ci parla, chiede il permesso, fa vedere le foto, interagisce con l’ambiente. E, in ogni caso, usa una fotocamera che non passa affatto inosservata, non importa quanto sia piccola! Una cosa che lo scrivente ha imparato frequentando alcuni street photographers bravissimi e dotati di sensibilità, per quanto ammetta che sia un approccio generale difficile da mettere in pratica (provate voi ad avere la faccia tosta di avvicinare una persona totalmente sconosciuta solo per mostrare la foto che le avete fatto!).

Un atteggiamento che, con questi occhiali, non è affatto plausibile che venga messo in campo. Anzi, può benissimo immaginarsi che gli stessi vengano usati soprattutto per realizzare indebite violazioni della sfera privata altrui, magari anche inquinando il genere della fotografia di strada e alimentando una sorta di “dissenso” da parte della popolazione generale nei confronti di chi lo pratica, non riuscendo più a distinguere tra fotografi genuini e, magari, “semplici” utenti che fanno un uso scorretto di quegli occhiali.

Possono essere usati, altresì, per attività tipiche degli stalker o di improvvisati investigatori privati.

Sul punto le aziende hanno ribattuto evidenziando la presenza di un led incorporato che si attiva quando l’utente utilizza il comparto fotografico degli occhiali.

Eppure, non pare che tale led sia risolutivo, tant’è vero che normalmente – ossia in presenza di luce ambientale forte – i led sono scarsamente visibili e, come si vede in una video recensione di Fanpage del 9 settembre 2021 (è possibile visualizzarla su YouTube al link https://www.youtube.com/watch?v=8FlYyIic_is), anche al chiuso di un supermercato le persone non mostrano di notare questa lucina su una montatura di occhiali.

Ne consegue che, forse, questo led potrebbe essere visibile solo di notte o in condizioni di scarsa luminosità, dove è però difficile che venga usata la coppia di fotocamere in ragione della probabile bassa qualità dell’immagine, trattandosi di due micro-sensori da 5mpx con una risoluzione di 2592x1944px per ogni singolo scatto.

In ogni caso, chiunque voglia fare un uso distorto di questi occhiali potrebbe benissimo coprire il led di notifica, con ciò vanificando l’adozione di questa accortezza.

Tali criticità non sono passate affatto inosservate al Garante della Privacy italiano, il quale ha contattato sia Facebook che Luxottica Group S.p.A. per verificare la compatibilità dei nuovi smart glasses con la normativa europea in tema di privacy, chiedendo altresì “di conoscere la base giuridica in relazione alla quale Facebook tratta i dati personali; le misure messe in atto per tutelare le persone occasionalmente riprese, in particolare i minori; gli eventuali sistemi adottati per anonimizzare i dati raccolti; le caratteristiche dell’assistente vocale collegato agli occhiali.” (Comunicato stampa del Garante italiano, datato 10 settembre 2021 e disponibile al link https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9700585).

In un secondo comunicato stampa, datato 17 settembre 2021 (disponibile al link https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9700585), è stato riportato che le aziende coinvolte avrebbero manifestato la disponibilità a collaborare e a lanciare iniziative di sensibilizzazione nei confronti degli acquirenti degli occhiali, per responsabilizzarli sulle corrette modalità d’uso, disponibilità che è al vaglio del nostro Garante, il quale “si riserva di valutare l’efficacia delle proposte operative che saranno presentate dalle società.”.

Tuttavia, per quanto vada ammirata la capacità di Mark Zuckerberg e Leonardo Del Vecchio di individuare sempre nuove strade di innovazione tali da far presa sul pubblico, è legittimo dubitare che – nel caso di specie – la loro immaginazione si sia spinta eccessivamente oltre e che tali device altro non diventerebbero che l’ennesimo pomo della discordia tra le persone comuni.

Luigi Izzo

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